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Una normale mattinata di scavo: un controllo di trowel, una spazzolata, qualche battuta per eludere la stanchezza e il caldo, giunge finalmente l’ora di pranzo e, deposti gli strumenti da scavo, il gruppo si ricongiunge sotto l’ombra protettiva e confortevole del nostro magazzino degli attrezzi.

Non appena seduti tutti sono attratti da schiamazzi che riecheggiano in lontananza: è in quel momento che, rivolti gli sguardi al campo incolto che circonda lo scavo, iniziamo a notare gruppi di bambini che giocano rincorrendosi nell’estesa distesa verde. Così, in un momento di lucidità post prandiale, ricordo che proprio quel giorno, il 26 settembre, era stato fissato l’incontro con le classi quinte della scuola primaria Diaccioni di Piombino.

L’ora di pausa trascorre sempre con eccessiva rapidità e alle 14:00, si torna tutti ai posti di combattimento. Ma proprio quel pomeriggio io e Guglielmo ci separiamo dal resto del gruppo e, seguendo Nina e Elisabetta, ci dirigiamo verso l’entrata dello scavo per accogliere i piccoli archeologi.

La possibilità di svolgere dei laboratori didattici con i bambini mi aveva immediatamente attratta. Considerate le precedenti esperienze lavorative come animatrice ed accompagnatrice nei centri estivi FIT, ho colto bene l’occasione per riprovare nel piccolo quel tipo di sensazioni che solo un approccio diretto con il mondo infantile può dare: dalle risposte del tutto inaspettate ai più disparati quesiti, all’osservazione di una realtà (in questo contesto anche storica) che si distacca nettamente dalla schematica monotonia degli adulti e che risulta quindi sempre originale.

Per questo motivo non ci poteva essere niente di meglio di questa occasione per approcciarmi al mondo dei più piccoli; ma in questo caso si trattava di inserire alcune attività di intrattenimento in un altro contesto per vederle come una delle tante sfumature dell’archeologia contemporanea.

Sebbene far entrare i bambini su un cantiere archeologico possa sembrare pericoloso, in realtà, prese le giuste precauzioni non lo è affatto, ancor più se ci si immerge in un progetto come quello di “Uomini e cose a Vignale”: qui infatti, il tipo di archeologia pubblica promossa, incentiva la collaborazione diretta e aperta tra l’archeologia e il pubblico in cui si inseriscono anche una serie di attività e laboratori da svolgere con i bambini come quelli scelti per questa specifica giornata.

Prima ancora di introdurre i bambini nel cantiere è stato necessario ricordare le regole da seguire per garantire la loro sicurezza. Alcuni di loro erano già venuti lo scorso anno a Vignale e si ricordavano perfettamente molte di queste regole e anche la particolarità della punta rinforzata delle scarpe antinfortunistiche indossate dagli archeologi.

Una volta entrati nello scavo, i vari laboratori si sono svolti in maniera tale da permettere ai bambini di divertirsi osservando e imparando come funziona uno scavo archeologico; per fare questo abbiamo formato tre gruppi, ognuno dei quali svolgeva un’attività diversa.

Io e Guglielmo abbiamo condotto un manipolo di curiosi archeologi nella zona della stazione di posta per cercare di far capire loro di quale struttura si potesse trattare attraverso l’osservazione diretta, domande guidate e suggerimenti. In quest’arco di tempo tra pulizia (con piccole scopette) e scambi di opinioni, i piccoli protagonisti dello scavo hanno progressivamente iniziato a porsi domande sulla struttura che gli si poneva davanti: hanno identificato prima i colori e poi i materiali con cui erano stati costruiti. La sorpresa più grande in questi momenti di grande lavoro di squadra è arrivata dall’ascolto delle idee che hanno portato i piccoli archeologi: non hanno avuto dubbi: le basi circolari in mattoni 2000 anni fa erano le colonne, sorreggevano il primo piano dell’edificio della stazione di posta e dividevano il portico dal cortile basolato.

Terminate le attività ci si è riuniti tutti in un unico cerchio per confrontare le osservazioni sulle stanze studiate dai singoli gruppi: dallo scambio di opinioni sono nati ulteriori interrogativi e dubbi chiariti immediatamente dalle spiegazioni di Elisabetta e Nina. Per far capire meglio ai bambini di che cosa si stava parlando, gli abbiamo mostrato alcuni reperti (ad esempio un cubilium, ovvero una pietra di forma piramidale che è l’elemento base dei muri della villa), e alcune riproduzioni (in questo caso è stato utile il bollo di Marco Fulvio Antioco per accennare nuovamente alle principali attività economiche legate alla villa).

Chiarito ogni dubbio, l’ultima parte della visita si è svolta intorno al mosaico dove i giovani spettatori, disposti ordinatamente hanno ascoltato la storia di Aion, il signore del tempo, coronato dalle rappresentazioni delle stagioni (anche queste immediatamente identificate dagli attenti osservatori).

Alla fine della visita pomeridiana la tanto acclamata fotografia di gruppo ha immortalato i due gruppi di archeologi: i piccoli e laboriosi protagonisti erano affiancati dai più che provati archeologi di Vignale. Sebbene la stanchezza delle settimane di scavo si inizi ormai a far sentire, ben più grande è la soddisfazione che l’interazione con il pubblico dei nano-scavatori può dare quando si è certi di aver trasmesso un’adeguata conoscenza e consapevolezza archeologico-storica in ogni singolo bambino. Ciascuno di questi piccoli archeologi alle prime armi che hanno visitato e studiato il sito di Vignale sarà difatti, da questo momento in poi, custode di un passato da difendere e valorizzare nel tempo, con l’entusiasmo tipico di un’età che può in qualche modo essere un monito per l’incuranza e l’indifferenza che troppe volte soggiogano gli adulti.

Valeria Razzante

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