Se di Antioco e Menofilo conosciamo il nome e un piccolo pezzo di vita, nulla sappiamo invece di altri “protagonisti” della storia dell’insediamento antico di Vignale, che funzionò, pensiamo, per molti anni anche come stazione di posta lungo una delle vie di comunicazione terrestre più importanti dell’Italia romana.

Non è difficile immaginare quante e quali figure possano aver usato la stazione di posta di Vignale per secoli: in primo luogo, i funzionari dell’amministrazione imperiale che si spostavano per esigenze di servizio e per i quali era stata creata la rete delle mansiones. Poi i messaggeri, che si spostavano velocemente a cavallo e che si fermavano nella stazione di posta giusto per il tempo necessario a rifocillarsi rapidamente e di cambiare il cavallo ormai stanco con uno fresco e in grado di riprendere il galoppo.

Intorno a loro ruotavano altre figure: il personale di servizio, ma anche avventori occasionali, che, a differenza dei funzionari pubblici, dovevano pagare i servizi di ospitalità che ricevevano. Era il caso, per esempio, dei mercanti che avevano bisogno di un luogo sicuro dove passare la notte, per sé e per le merci che trasportavano.

E poi, come sempre, intorno a queste attività economiche lecite ne fiorivano certamente altre meno lecite: le stazioni di posta erano luoghi notoriamente frequentati da ladri e truffatori e da donne di dubbia moralità.

Un pubblico di utilizzatori così ampio e così “intermittente” avrà certamente lasciato delle tracce archeologiche, che sono però molto difficili da riconoscere in quanto tali.

Il riempimento di una canaletta di scarico ha però restituito, tra altri oggetti, un fritillus, ovvero una specie di particolare “bicchiere” di ceramica, utilizzato per tirare i dadi da gioco. Intorno a questo oggetto è forse possibile ricostruire l’immagine di una taverna fumosa, con giocatori alterati e sempre sull’orlo della rissa: qualcosa di molto simile alla immagine del saloon che ci hanno consegnato i film western del secolo scorso.