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Sveglia alle 6.40. Con il passare degli anni sto diventando un po’ più lento a ingranare la mattina, ed è comunque un bene essere lucidi 5 minuti prima degli altri, in modo da ricordare le piccole cose quotidiane: bagagli per chi parte, spazzatura che non deve restare abbandonata, attrezzatura da portare sul cantiere.

Il cantiere. Quest’anno è cresciuto poco rispetto agli anni scorsi, con appendici esterne e temporanee. Mantenere una grande area è complesso, e stiamo iniziando a ricoprire alcune aree di scavo in modo da ridurre questo peso. L’altro lato della medaglia è uno scavo a chilometri (quasi) zero, in cui l’energia destinata alla movimentazione della terra è ridotta al minimo indispensabile. Ci avevamo già lavorato a Gortina.

I primi 60 secondi sono dedicati, come tutti i giorni, al ripasso delle procedure di emergenza. È una pillola quotidiana che abbiamo voluto introdurre e affiancare agli altri strumenti per la sicurezza, ed è basata principalmente sull’attivazione della catena di soccorso tramite la chiamata al 118.

Nel sondaggio 14, a due passi dall’Aurelia (la carrabile, non quella romana), la giornata del responsabile non è leggera: abbiamo ormai individuato chiaramente le tracce di frequentazione tardoantica in questa parte del sito, ma è stato fin troppo facile. La sequenza precedente è più articolata, e arrivato a metà della campagna di scavo inizio ad accumulare la stanchezza. Per fortuna il professore è ben più lucido di me e ci aiuta a capire la successione dei piani pavimentali. Ora la parte più impegnativa è riuscire a far lavorare tutto il gruppo (Maria Sole, Elisa e Mirko a cui si sono aggiunti Andrea e Daniele) senza che i 4 più giovani si perdano d’animo, anche quando ricevono istruzioni contraddittorie o compiti noiosi (gli scavi archeologici sono pieni di compiti noiosi quando non riesci bene a capire cosa stai facendo).

Insegnare a scavare è difficile e logorante come qualunque altro insegnamento, ma a uno degli archeologi più “anziani” del gruppo si richiede anche di scavare in prima persona secondo le proprie capacità, lasciando che i più giovani (e più attenti, soprattutto) rubino il mestiere con gli occhi. Non c’è niente di eccezionale in questa dimensione ibrida dello scavo archeologico ‒ a metà tra teaching e training ‒ se non forse che stiamo provando a raccontarvelo con le voci di tutti.

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Stefano Costa

Stefano Costa sta svolgendo un dottorato di ricerca presso l'Università di Siena. A Vignale si occupa della documentazione digitale e dei reperti ceramici.
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