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Ogni sito archeologico ha due vite. La prima è quella del passato, in cui uomini, donne e bambini hanno vissuto nei suoi spazi. La seconda è quella della nostra contemporaneità, in cui i resti lasciati da quelle vite del passato vengono riportati alla luce dallo scavo e diventano una parte della nostra esperienza quotidiana.

Vignale, invece, di vite ne ha tre. Perché il nostro sito era già stato scavato, almeno in parte, quasi duecento anni fa, ma della sua esistenza si era poi perduta quasi completamente la memoria.

Il primo scavo archeologico a Vignale risale al 1830, quando nel costruire la Strada Regia Grossetana – l’antenata della moderna via Aurelia – vennero alla luce importanti resti di un edificio termale di epoca romana, come testimonia una pianta molto accurata redatta nel gennaio del 1831.

La pianta è sì molto accurata, ma, inspiegabilmente, non reca alcuna traccia del ritrovamento più importante che venne fatto nel corso dello scavo: un “pavimento di mosaico elegante” che venne visto e apprezzato dallo stesso granduca di Toscana Leopoldo II, al punto di decidere di far costruire una “casa” per proteggerlo.

La “casa del mosaico” continuò a vivere per molto tempo, probabilmente quasi un secolo, perché la ritroviamo citata in molti documenti d’archivio, ma nessuno, almeno apparentemente, vide più il mosaico o comunque ne fece una descrizione o un disegno. Nulla. Il mosaico e l’edificio in cui era inserito scomparvero dalla percezione collettiva e l’unica traccia che ne rimaneva, fino alla nostra riscoperta del 2014, era il nome del campo, che tutti chiamavano “del mosaico”, ma nessuno sapeva perché.

Nel 1960, al momento dell’allargamento della strada statale Aurelia, la casa del mosaico, ormai da tempo trasformata in capannone agricolo con il famoso mosaico celato sotto un pavimento rustico, venne demolita, ma le sue robuste fondamenta protessero il nostro mosaico dalle arature profonde.

Furono proprio quelle arature a rivelare l’esistenza del sito, perché riportarono alla superficie i resti sconvolti dello straordinario complesso architettonico nascosto sotto il campo di Vignale. I danni causati dagli aratri furono apparentemente così gravi che il sito venne dichiarato distrutto, ma l’idea che quel sito fosse davvero importante e che potesse essere ulteriormente indagato rimase viva negli studiosi e nella comunità locale.

È quella idea, coltivata con pazienza negli anni, che è alla base del nostro scavo, avviato nel 2004 e che ha dato avvio alla terza vita del sito archeologico di Vignale.

03.7-1indagini precedenti

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Francesco Ripanti

Francesco “Cioschi” Ripanti è dottore di ricerca in Archeologia Pubblica presso l'Università di Pisa. Si occupa principlamente di community archaeology e storytelling.
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