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Vediamo se il muro prosegue!”. Tutto è iniziato così: pulita una buca nella stanza del mosaico, su indicazione del prof io e Guglielmo ci siamo spostati oltre la sala del Signore del Tempo per aprire un piccolo sondaggio, in prossimità dell’Aurelia, e verificare così la prosecuzione del muro.

Chiodi, cordini e occhi attenti alle misure: delimitiamo il quadrato da scavare. L’aiuto di Betta e Nina si fa già prezioso per me e Guglielmo: entrambi alla prima esperienza di scavo condividiamo la stessa emozione, e forse la stessa paura, per l’apertura di un nuovo sondaggio.

La parte di terra da scavare è delimitata; piccone, pala e un bel primo strato di terra da togliere. Ancora una volta ad aiutarci è il Granduca Leopoldo: osserviamo attentamente cosa avevano disegnato i suoi ingegneri nel 1830, in maniera tale da avere un’idea di cosa potrebbe trovarsi sotto i nostri piedi. Nella pianta è riportato il muro, e dunque non resta che cercarlo.

Dopo qualche carriola di terra è arrivato il momento di abbandonare il piccone e procedere con più cautela. Trowel alla mano togliamo la terra che ancora resta finché non qualcosa di compatto: solamente una pietra, oppure una struttura solida? Leviamo il più terra possibile, spazzoliamo per bene la struttura che piano piano diventa più nitida. Il muro prosegue! Leopoldo aveva ragione!

Forse troppo felici di essere sulla strada giusta, ci accorgiamo immediatamente però che il muro risulta essere fuori asse! Ci conforta il fatto che nel 1830 non potevano avere la stessa precisione nel riportare le strutture in pianta, e dunque procediamo. Il muro però s’interrompe, non prosegue. Riprende un po’ più avanti. Concordiamo così di ampliare il sondaggio verso nord, sempre più vicini all’area dov’è stata ritrovata la terma, e verso sud, parallelamente alla stanza del mosaico. Rispettivamente decidiamo con Guglielmo di dividerci le due parti da indagare.

Stessa procedura: piccone, pala, trowel. Adesso a far rumore al passaggio della trowel è un pavimento costituito da malta e laterizi, il cosiddetto cocciopesto. Cerco di seguirlo e mi accorgo così che termina nella terra: anche in questo caso non resta che toglierla. Dopo qualche centimetro in profondità, proprio a ridosso del pavimento, viene fuori un mattone di forma quadrata. Tornano in mente gli insegnamenti di Betta nei primi giorni di scavo: “Immagina di dover disegnare il contorno di ciò che è solido”. Ma già prima di confrontarmi con la terra attorno al mattone, Jacopo mi dà il benvenuto nel mondo delle suspensurae. Non si tratta infatti di un mattone casuale presente nella terra: quel mattone è il primo di una colonnina che precedentemente sosteneva, insieme ad altre, un pavimento. Granduca Leopoldo, questo non lo avevate visto?

Tra l’entusiasmo e, non nascondo, la paura procedo così a cercare l’altra colonnina. È a pochi centimetri di distanza, proprio a ridosso del muro. Nel minimo spazio tra le due pile di mattoni c’è ancora terra da togliere: trowel e paletta non ci stanno, ma un semplice cucchiaio da cucina sì. Capisco adesso le parole a lezione: “Sullo scavo un archeologo deve spaziare con la mente affinché riesca al meglio nel suo lavoro”; in spiccioli: ci si deve arrangiare. Un cucchiaio dopo l’altro, e rivelate doti da contorsionista, arrivo al suolo sul quale poggiano le colonnine, composte da 8 mattoni ciascuna.

Le sorprese della nuova zona indagata non sono finite! Nel proseguimento del muro che sta a ridosso della colonnina i laterizi sembrano essere disposti ad arco. L’entusiasmo è generale: probabilmente oltre l’arco stava il praefurnium, dal quale partiva il calore per riscaldare la terma. Tuttavia anche Guglielmo, al di là del muro che ci separa, ha trovato un mattone di una suspensura, e pertanto l’arco non può essere la struttura del praefurnium ma il canale di calore che collega due ambienti riscaldati.

Il piccolo spazio di lavoro va adesso ripulito al meglio per la documentazione. Trowel, lancetta, cucchiaio, spazzole, palette e una buona dose di elasticità, fino alla foto finale.

Ammetto che durante lo scavo del sondaggio la comodità e la libertà di movimento non erano il massimo, ma la curiosità e l’entusiasmo l’hanno fatta da padroni! Una apparentemente piccola area da indagare si è rivelata un importante punto di informazione e formazione. Informazione perché questo sondaggio dà spazio a nuove ipotesi di indagine per la terma. Formazione perché… beh, in una settimana il piccolo grande spazio ha visto l’insicurezza lasciare spazio all’entusiasmo di andare avanti, il non capire quello che ti sta sotto gli occhi allo stupore del mai visto prima, la scomodità della buca all’affezionarsi ad essa! Bel gioco!

Marco Fronteddu

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